lunedì 1 febbraio 2016

Anno Giudiziario 2016, intervento dei Radicali all'inaugurazione della Corte d'Appello di Catania

Stefano Burrello durante l'intervento Radicale a Catania 

Dal sito Radio Radicale:
Video Inaugurazione anno giudiziario Catania 2016

Sabato 30 gennaio 2016 i Tribunali di tutta Italia hanno aperto l'anno giudiziario con la consueta Cerimonia di inaugurazione. La presenza dei Radicali non poteva di certo mancare, con un intervento che - uguale per tutti - è stato letto dai militanti del partito Radicale durante la cerimonia. Con dispiacere abbiamo accolato la notizia che a Roma e a Bologna hanno negato la possibilità di intervenire perché "non saremmo 'rappresentativi' delle problematiche relative alla Giustizia". "Motivazioni grottesche", ha commentato Rita Bernardini


A Catania portavoce Radicale è stato Stefano Burrello. Dopo le consuete difficoltà per venire a conoscenza dell'ordine degli interventi, ci dicono che siamo in chiusura. Ultimi in scaletta ma ascoltati e apprezzati da molti... anche da personaggi assai differenti tra loro: da Marco Benanti - giornalista d'assalto che pubblica su lurlo.info - fino al vescovo Salvatore Gristina il quale, uscendo, accenna un saluto d'apprezzamento al giovane Burrello che ha appena terminato la lettura del comunicato radicale.

La Relazione sull'Amministrazione della Giustizia, un libretto di 110 pagine, fa un resoconto della situazione a Catania - capoluogo di distretto -, Ragusa e Siracusa. Quest'ultima si distingue per produttività, seguita da Catania che porta risultati in miglioramento. Il testo cerca di analizzare, far emergere e denunciare criticità sulle quali bisogna intervenire durante il nuovo anno.

La questione della popolazione carceraria viene affrontata nella terza parte, dedicata  alla Giustizia penale. Il testo stupisce in quanto i dati usati risalgono al 2014 e descrivono la situazione nazionale. La Corte d'Appello Catanese rileva che la positiva diminuzione dei detenuti nei suoi istituti penitenziari  è legata soprattutto "agli effetti della sentenza della Corte costituzionale n.32 del 12 febbraio 2014, che ha dichiarato l'incostituzionalità degli articoli della legge in materia di stupefacenti nella parte in cui non distinguono tra doghe pesanti e droghe leggere, la popolazione carceraria si è ridotta, passando a livello nazionale, da 60.197 detenuti nel marco 2014 a 54.414 detenuti al 31 luglio del 2014". Conferma inoltre che la dichiarazione d'incostituzionalità della legge Fini-Giovanardi e il ritorno alla legge Iervolino-Vassalli ha avuto effetti positivi e ragionevoli sul problema del sovraffollamento.

Gianmarco Ciccarelli, Patrizia Magnasco, Luigi Recupero
e Stefano Burrello
La Corte d'Appello Catanese constata che proprio le nuove disposizioni in materia spaccio di lieve entità, rese legge il 16 maggio del 2014 (lg. 79/2014), hanno influito alla riduzione delle presenze negli istituti penitenziari di competenza, "tale novella infatti" scrivono, "stabilendo una pena edittale da sei mesi a quattro anni, ha precluso per tale ipotesi di reato la possibilità dell'applicazione della custodia cautelare in carcere". Altri fattori sono: la custodia cautelare in carcere dal 2014 non può applicarsi se il giudice ritiene che le pena definitiva non sarà superiore ai tre anni e le modifiche che hanno esteso i casi in cui si può ricorrere alle misure alternative della detenzione carceraria. I dati e i riferimenti non hanno aggiornamenti al 2015, eppure i numeri sono buoni.

Momento finale della Cerimonia
Nei 23 istituti penitenziari siciliani, secondo i dati pubblicati dal Ministero della Giustizia, questo 31 dicembre 2015, le presenze erano 5.527 detenuti su 5.833 regolamentari, 113 donne 1.225 stranieri, 69 in semilibertà. "Conseguenza diretta del ridimensionato affollamento carcerario è anche quella che, diversamente dal passato, non si rinviene in nessun istituto penitenziario una situazione tale da determinare un trattamento inumano del detenuto" scrivono; "anzi, in esito all'innovativo trattamento 'a celle aperte', di recente introdotto e praticato in quasi tutti gli istituti e in relazione al quale i detenuti trascorrono almeno otto ore al giorno fuori dalla loro cella, all'interno di una sezione, sono state create condizioni positive per un migliore trattamento rieducativo." Non vengono menzionate però le condizioni degli edifici delle carceri, del personale penitenziario e della situazione lavorativa-rieducativa dei detenuti.

Emergenza migranti, carenza di personale e di spazi. La lettura della relazione dell'Assemblea si apre con una denuncia: "non è mutata la disastrosa situazione degli uffici catanesi, insufficienti nelle strutture e dispersi sul territorio cittadino," Numerose riunioni tra esponenti di vari soggetti istituzionali non sono riuscite a sbloccare l'utilizzo dell'immobile sito in viale Africa "E' rimasto da sempre inutilizzato e nel tempo è stato pure 'vandalizzato'". Il bisogno di intervenire sulla carenza di personale si accosta alla segnalazione che le macchine velocizzano il lavoro ma non sostituiscono la persona che anzi deve aver competenze adeguate.

M. Daniela Basile e Stefano Burrello
Giudici, magistrati e cancellieri sono carenti, a livello nazionale mancano 1044 magistrati ordinari su un organico complessivo di 10.151. Il Tribunale di Siracusa che si distingue per il buon lavoro sullo smaltimento delle cause pendenti, ha denunciato il 30 giugno 2015 il 20% di carenza d'organico, vacanti sei posti su un organico di 31. A Catania i giudici di Pace in servizio sono 37 su un organico previsto di 54. Presso la corte d'Appello si registrano 31 posti vacanti su 122. E anche il personale amministrativo soffre lo stesso problema, ad esempio Ragusa riferisce vuoti d'organico del 16% "con un'età media che si colloca intorno ai 55 anni e che è in continuo innalzamento".

Per il Tribunale etneo l'immigrazione è divenuta emergenza. "E' stato promosso l'interpello urgente per l'applicazione extradistrettuale, per diciotto mesi di due giudici da destinare, in via esclusiva, alla trattazione dei procedimenti riguardanti migranti che chiedono di accedere al regime di protezione internazionale". Il centro di accoglienza C.A.R.A di Mineo, il più grande in Europa  aperto dal 2011, vessa in condizioni di estremo sovraffollamento: 4000 persone, il doppio della capienza prevista. Inoltre circa metà del lavoro della corte d'Assise è costituito dai processi in relazione ad associazioni criminose transnazionali che stanno dietro flussi di migranti lungo il Mediterraneo.
(1 Febbraio 2016)

M. Daniela Basile


Il testo dell'intervento letto dai militanti di Radicali Italiani e del PRTT:


“intervengo in rappresentanza del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito e di Radicali Italiani, come altri compagni in tutte le Corti di Appello, secondo una consuetudine radicale.
Intendiamo, ancora una volta, porre l’accento sul rispetto, da parte della Repubblica Italiana, di due principi consacrati nella Convenzione europea per i diritti dell’ uomo.
Alludiamo per un verso all’ art. 3 della Convenzione, che proibendo l’ inflizione della tortura, e di pene o trattamenti inumani o degradanti, risultava e risulta violato dalle condizioni di degrado vissute dalla stragrande maggioranza dei detenuti ristretti nelle carceri italiane; per altro verso all’ art. 6 della Convenzione, che nella previsione del diritto ad un processo che si svolga in tempi ragionevoli, risultava e risulta violato dalla sistematica mancanza di rispetto degli standard temporali individuati in sede europea come congrui per lo svolgimento dei tre gradi possibili di giudizio.
Di fronte all’ enorme mole di condanne inflitte a riguardo all’ Italia, il Presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, nel messaggio al Parlamento dell’ 8 Ottobre 2013 si esprimeva nei seguenti termini: “l’Italia viene […] a porsi in una condizione […] umiliante sul piano internazionale per le tantissime violazioni di quel divieto di trattamenti inumani e degradanti nei confronti dei detenuti che la Convenzione europea colloca accanto allo stesso diritto alla vita. E tale violazione dei diritti umani va ad aggiungersi, nella sua estrema gravità, a quelle, anche esse numerose, concernenti la durata non ragionevole dei processi”.
Una tale situazione si è potuta produrre solo attraverso l’ azione “associata” dei tre poteri dello Stato. L’inefficienza del potere esecutivo sul terreno dell’organizzazione civile della vita in carcere e dell’ implementazione di un sistema efficiente di gestione dei Tribunali ha dovuto trovare la necessaria complicità di un legislatore incapace di approntare strumenti correttivi di natura preventiva e riparatoria, e l’ avallo decisivo della Magistratura. Non è possibile negare come quest’ ultima sia stata da un lato corresponsabile su entrambi i fronti attraverso l’ inefficace sorveglianza sulle condizioni carcerarie e l’ inefficienza nella conduzione rapida dei processi, dall’altro lato indisponibile a sancire adeguati risarcimenti per i danni prodotti ai cittadini.
Dunque i ceti dirigenti italiani a vario titolo coinvolti nell’amministrazione della giustizia non soltanto manifestano un’ enorme incapacità culturale di cogliere l’ importanza della tutela dei diritti umani, ma rivelano altresì una pervicace resistenza a rispettare le regole dello Stato di Diritto. Si tratta di un’ oligarchia impegnata ad attentare alle prerogative più sacre del popolo italiano.
Nel 2015 il copione è lo stesso: da un lato la legge di stabilità per il 2016 pone ostacoli alle azioni risarcitorie per la durata dei processi: stabilendo nuove condizioni di procedibilità, nuovi casi di irrisarcibilità del danno, abbattimenti ulteriori del quantum risarcitorio medio previsto per ogni anno di ritardo…
Per altro verso, circa le “riparazioni” previste dall’ art. 35 ter dell’ ordinamento penitenziario in favore dei detenuti vittime di trattamenti inumani, la sventagliata di rigetti e declaratorie di inammissibilità, sul versante civile come su quello penale, confermano come quella stessa Magistratura italiana incapace di individuare nel sistema strumenti atti a ristorare la lesione dei diritti fondamentali dei detenuti, nonostante uno storicamente robusto tasso di creatività, ha mostrato lo stesso sinistro profilo al cospetto di decisioni che avrebbero dovuto essere scritte sotto la dettatura della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’ uomo, e che invece non hanno mai visto la luce.
Dunque a fronte di un “problema giustizia” che sul piano civile produce giganteschi danni erariali che abbiamo denunciato alla Corte dei Conti (750 milioni di euro annui stimati per i risarcimenti, con un incremento di 8 milioni di euro al mese), sul piano penitenziario decine di “morti per pena” all’ anno con la piaga dei suicidi dovuti ad illegali condizioni carcerarie… si continua con controriforme tese ad aggirare i problemi piuttosto che mettere mano ad interventi strutturali in grado di risolverli: a partire da quei provvedimenti di amnistia ed indulto invocati dallo stesso Presidente Emerito della Repubblica Giorgio Napolitano.
E mentre si “consuma” l’ ennesimo delitto italiano, il Presidente Mattarella non trova il modo di menzionare i problemi della giustizia nel suo discorso di fine anno.
Dopo trent’anni di violazioni, con il leader radicale Marco Pannella impegnato anche questa volta in prima persona, chiediamo alle massime autorità istituzionali italiane di riconoscere le profonde ferite inferte allo Stato di diritto costituite dall’amministrazione ritardata della giustizia e dalla violazione dei diritti umani universalmente riconosciuti, e l’impegno forte, efficace, calendarizzato per il rientro rapido nella legalità costituzionale italiana ed europea.”