venerdì 11 novembre 2016

Comunicato Stampa: Rita Bernardini a Catania


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    Partito Radicale
Nonviolento Transnazionale e Transpartito
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Comunicato stampa

Catania, 11 novembre 2016

Carcere: Rita Bernardini (Partito radicale) in visita a piazza Lanza e a Caltagirone

Rita Bernardini, coordinatrice della presidenza del Partito radicale, sabato e domenica visiterà gli istituti di pena di Catania piazza Lanza e Caltagirone per verificare le condizioni di detenzione e ringraziare i detenuti che hanno aderito in massa al digiuno del 5 e 6 novembre a sostegno della marcia per l’amnistia dello scorso 6 novembre intitolata a Marco Pannella e a Papa Francesco.
Sabato 12 novembre alle 11 Rita Bernardini effettuerà una visita nella casa circondariale di Catania piazza Lanza accompagnata da Luigi Recupero, Rosario De Carlo e Gianmarco Ciccarelli; domenica alle 11 visiterà la casa circondariale di Caltagirone accompagnata da Luigi Recupero, Patrizia Magnasco e Gianmarco Ciccarelli.
Oggi pomeriggio l’esponente radicale interverrà a Catania all’incontro dal titolo “Cannabis terapeutica: aspetti legali e sanitari”, organizzato dal Lions club di Catania e dall’associazione BisTer.

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Per informazioni:
Luigi Recupero (segretario associazione Radicali Catania) 3395779140
Gianmarco Ciccarelli 3338526408

lunedì 1 febbraio 2016

Anno Giudiziario 2016, intervento dei Radicali all'inaugurazione della Corte d'Appello di Catania

Stefano Burrello durante l'intervento Radicale a Catania 

Dal sito Radio Radicale:
Video Inaugurazione anno giudiziario Catania 2016

Sabato 30 gennaio 2016 i Tribunali di tutta Italia hanno aperto l'anno giudiziario con la consueta Cerimonia di inaugurazione. La presenza dei Radicali non poteva di certo mancare, con un intervento che - uguale per tutti - è stato letto dai militanti del partito Radicale durante la cerimonia. Con dispiacere abbiamo accolato la notizia che a Roma e a Bologna hanno negato la possibilità di intervenire perché "non saremmo 'rappresentativi' delle problematiche relative alla Giustizia". "Motivazioni grottesche", ha commentato Rita Bernardini


A Catania portavoce Radicale è stato Stefano Burrello. Dopo le consuete difficoltà per venire a conoscenza dell'ordine degli interventi, ci dicono che siamo in chiusura. Ultimi in scaletta ma ascoltati e apprezzati da molti... anche da personaggi assai differenti tra loro: da Marco Benanti - giornalista d'assalto che pubblica su lurlo.info - fino al vescovo Salvatore Gristina il quale, uscendo, accenna un saluto d'apprezzamento al giovane Burrello che ha appena terminato la lettura del comunicato radicale.

La Relazione sull'Amministrazione della Giustizia, un libretto di 110 pagine, fa un resoconto della situazione a Catania - capoluogo di distretto -, Ragusa e Siracusa. Quest'ultima si distingue per produttività, seguita da Catania che porta risultati in miglioramento. Il testo cerca di analizzare, far emergere e denunciare criticità sulle quali bisogna intervenire durante il nuovo anno.

La questione della popolazione carceraria viene affrontata nella terza parte, dedicata  alla Giustizia penale. Il testo stupisce in quanto i dati usati risalgono al 2014 e descrivono la situazione nazionale. La Corte d'Appello Catanese rileva che la positiva diminuzione dei detenuti nei suoi istituti penitenziari  è legata soprattutto "agli effetti della sentenza della Corte costituzionale n.32 del 12 febbraio 2014, che ha dichiarato l'incostituzionalità degli articoli della legge in materia di stupefacenti nella parte in cui non distinguono tra doghe pesanti e droghe leggere, la popolazione carceraria si è ridotta, passando a livello nazionale, da 60.197 detenuti nel marco 2014 a 54.414 detenuti al 31 luglio del 2014". Conferma inoltre che la dichiarazione d'incostituzionalità della legge Fini-Giovanardi e il ritorno alla legge Iervolino-Vassalli ha avuto effetti positivi e ragionevoli sul problema del sovraffollamento.

Gianmarco Ciccarelli, Patrizia Magnasco, Luigi Recupero
e Stefano Burrello
La Corte d'Appello Catanese constata che proprio le nuove disposizioni in materia spaccio di lieve entità, rese legge il 16 maggio del 2014 (lg. 79/2014), hanno influito alla riduzione delle presenze negli istituti penitenziari di competenza, "tale novella infatti" scrivono, "stabilendo una pena edittale da sei mesi a quattro anni, ha precluso per tale ipotesi di reato la possibilità dell'applicazione della custodia cautelare in carcere". Altri fattori sono: la custodia cautelare in carcere dal 2014 non può applicarsi se il giudice ritiene che le pena definitiva non sarà superiore ai tre anni e le modifiche che hanno esteso i casi in cui si può ricorrere alle misure alternative della detenzione carceraria. I dati e i riferimenti non hanno aggiornamenti al 2015, eppure i numeri sono buoni.

Momento finale della Cerimonia
Nei 23 istituti penitenziari siciliani, secondo i dati pubblicati dal Ministero della Giustizia, questo 31 dicembre 2015, le presenze erano 5.527 detenuti su 5.833 regolamentari, 113 donne 1.225 stranieri, 69 in semilibertà. "Conseguenza diretta del ridimensionato affollamento carcerario è anche quella che, diversamente dal passato, non si rinviene in nessun istituto penitenziario una situazione tale da determinare un trattamento inumano del detenuto" scrivono; "anzi, in esito all'innovativo trattamento 'a celle aperte', di recente introdotto e praticato in quasi tutti gli istituti e in relazione al quale i detenuti trascorrono almeno otto ore al giorno fuori dalla loro cella, all'interno di una sezione, sono state create condizioni positive per un migliore trattamento rieducativo." Non vengono menzionate però le condizioni degli edifici delle carceri, del personale penitenziario e della situazione lavorativa-rieducativa dei detenuti.

Emergenza migranti, carenza di personale e di spazi. La lettura della relazione dell'Assemblea si apre con una denuncia: "non è mutata la disastrosa situazione degli uffici catanesi, insufficienti nelle strutture e dispersi sul territorio cittadino," Numerose riunioni tra esponenti di vari soggetti istituzionali non sono riuscite a sbloccare l'utilizzo dell'immobile sito in viale Africa "E' rimasto da sempre inutilizzato e nel tempo è stato pure 'vandalizzato'". Il bisogno di intervenire sulla carenza di personale si accosta alla segnalazione che le macchine velocizzano il lavoro ma non sostituiscono la persona che anzi deve aver competenze adeguate.

M. Daniela Basile e Stefano Burrello
Giudici, magistrati e cancellieri sono carenti, a livello nazionale mancano 1044 magistrati ordinari su un organico complessivo di 10.151. Il Tribunale di Siracusa che si distingue per il buon lavoro sullo smaltimento delle cause pendenti, ha denunciato il 30 giugno 2015 il 20% di carenza d'organico, vacanti sei posti su un organico di 31. A Catania i giudici di Pace in servizio sono 37 su un organico previsto di 54. Presso la corte d'Appello si registrano 31 posti vacanti su 122. E anche il personale amministrativo soffre lo stesso problema, ad esempio Ragusa riferisce vuoti d'organico del 16% "con un'età media che si colloca intorno ai 55 anni e che è in continuo innalzamento".

Per il Tribunale etneo l'immigrazione è divenuta emergenza. "E' stato promosso l'interpello urgente per l'applicazione extradistrettuale, per diciotto mesi di due giudici da destinare, in via esclusiva, alla trattazione dei procedimenti riguardanti migranti che chiedono di accedere al regime di protezione internazionale". Il centro di accoglienza C.A.R.A di Mineo, il più grande in Europa  aperto dal 2011, vessa in condizioni di estremo sovraffollamento: 4000 persone, il doppio della capienza prevista. Inoltre circa metà del lavoro della corte d'Assise è costituito dai processi in relazione ad associazioni criminose transnazionali che stanno dietro flussi di migranti lungo il Mediterraneo.
(1 Febbraio 2016)

M. Daniela Basile


Il testo dell'intervento letto dai militanti di Radicali Italiani e del PRTT:


“intervengo in rappresentanza del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito e di Radicali Italiani, come altri compagni in tutte le Corti di Appello, secondo una consuetudine radicale.
Intendiamo, ancora una volta, porre l’accento sul rispetto, da parte della Repubblica Italiana, di due principi consacrati nella Convenzione europea per i diritti dell’ uomo.
Alludiamo per un verso all’ art. 3 della Convenzione, che proibendo l’ inflizione della tortura, e di pene o trattamenti inumani o degradanti, risultava e risulta violato dalle condizioni di degrado vissute dalla stragrande maggioranza dei detenuti ristretti nelle carceri italiane; per altro verso all’ art. 6 della Convenzione, che nella previsione del diritto ad un processo che si svolga in tempi ragionevoli, risultava e risulta violato dalla sistematica mancanza di rispetto degli standard temporali individuati in sede europea come congrui per lo svolgimento dei tre gradi possibili di giudizio.
Di fronte all’ enorme mole di condanne inflitte a riguardo all’ Italia, il Presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, nel messaggio al Parlamento dell’ 8 Ottobre 2013 si esprimeva nei seguenti termini: “l’Italia viene […] a porsi in una condizione […] umiliante sul piano internazionale per le tantissime violazioni di quel divieto di trattamenti inumani e degradanti nei confronti dei detenuti che la Convenzione europea colloca accanto allo stesso diritto alla vita. E tale violazione dei diritti umani va ad aggiungersi, nella sua estrema gravità, a quelle, anche esse numerose, concernenti la durata non ragionevole dei processi”.
Una tale situazione si è potuta produrre solo attraverso l’ azione “associata” dei tre poteri dello Stato. L’inefficienza del potere esecutivo sul terreno dell’organizzazione civile della vita in carcere e dell’ implementazione di un sistema efficiente di gestione dei Tribunali ha dovuto trovare la necessaria complicità di un legislatore incapace di approntare strumenti correttivi di natura preventiva e riparatoria, e l’ avallo decisivo della Magistratura. Non è possibile negare come quest’ ultima sia stata da un lato corresponsabile su entrambi i fronti attraverso l’ inefficace sorveglianza sulle condizioni carcerarie e l’ inefficienza nella conduzione rapida dei processi, dall’altro lato indisponibile a sancire adeguati risarcimenti per i danni prodotti ai cittadini.
Dunque i ceti dirigenti italiani a vario titolo coinvolti nell’amministrazione della giustizia non soltanto manifestano un’ enorme incapacità culturale di cogliere l’ importanza della tutela dei diritti umani, ma rivelano altresì una pervicace resistenza a rispettare le regole dello Stato di Diritto. Si tratta di un’ oligarchia impegnata ad attentare alle prerogative più sacre del popolo italiano.
Nel 2015 il copione è lo stesso: da un lato la legge di stabilità per il 2016 pone ostacoli alle azioni risarcitorie per la durata dei processi: stabilendo nuove condizioni di procedibilità, nuovi casi di irrisarcibilità del danno, abbattimenti ulteriori del quantum risarcitorio medio previsto per ogni anno di ritardo…
Per altro verso, circa le “riparazioni” previste dall’ art. 35 ter dell’ ordinamento penitenziario in favore dei detenuti vittime di trattamenti inumani, la sventagliata di rigetti e declaratorie di inammissibilità, sul versante civile come su quello penale, confermano come quella stessa Magistratura italiana incapace di individuare nel sistema strumenti atti a ristorare la lesione dei diritti fondamentali dei detenuti, nonostante uno storicamente robusto tasso di creatività, ha mostrato lo stesso sinistro profilo al cospetto di decisioni che avrebbero dovuto essere scritte sotto la dettatura della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’ uomo, e che invece non hanno mai visto la luce.
Dunque a fronte di un “problema giustizia” che sul piano civile produce giganteschi danni erariali che abbiamo denunciato alla Corte dei Conti (750 milioni di euro annui stimati per i risarcimenti, con un incremento di 8 milioni di euro al mese), sul piano penitenziario decine di “morti per pena” all’ anno con la piaga dei suicidi dovuti ad illegali condizioni carcerarie… si continua con controriforme tese ad aggirare i problemi piuttosto che mettere mano ad interventi strutturali in grado di risolverli: a partire da quei provvedimenti di amnistia ed indulto invocati dallo stesso Presidente Emerito della Repubblica Giorgio Napolitano.
E mentre si “consuma” l’ ennesimo delitto italiano, il Presidente Mattarella non trova il modo di menzionare i problemi della giustizia nel suo discorso di fine anno.
Dopo trent’anni di violazioni, con il leader radicale Marco Pannella impegnato anche questa volta in prima persona, chiediamo alle massime autorità istituzionali italiane di riconoscere le profonde ferite inferte allo Stato di diritto costituite dall’amministrazione ritardata della giustizia e dalla violazione dei diritti umani universalmente riconosciuti, e l’impegno forte, efficace, calendarizzato per il rientro rapido nella legalità costituzionale italiana ed europea.”

venerdì 8 gennaio 2016

Report sulla visita di Radicali Catania alla casa Circondariale di Bicocca (CT) il 5 gennaio 2016





Martedì 5 gennaio 2016, nell’ambito della mobilitazione promossa dal Partito Radicale e da Rita Bernardini, una delegazione composta da Luigi Recupero, Patrizia Magnasco, Stefano Burrello, Daniela Basile e Gianmarco Ciccarelli ha effettuato una visita presso la casa circondariale di Catania Bicocca.



La delegazione è stata ricevuta e accompagnata nella visita dal direttore dell’istituto dott. Giovanni Rizza, dal comandante facente funzione dott. Giovanni Guddè e dal responsabile dell’area educativa dott. Maurizio Battaglia.
I detenuti attualmente presenti nel carcere di Catania Bicocca sono 192; il numero dei detenuti presenti, secondo quanto riferito, è destinato a crescere di alcune decine di unità al termine del periodo delle festività natalizie, in concomitanza con la ripresa dell’attività processuale che si svolge nell’aula bunker del penitenziario. La capienza regolamentare è di 138 posti. Il carcere, dunque, si presenta sovraffollato. Nelle celle, tutte di circa 10 mq (pensate originariamente per ospitare un detenuto), sono generalmente reclusi 2 detenuti in un letto a castello; in alcuni casi — rari e comunque temporanei, secondo quanto riferito anche da alcuni detenuti – vengono alloggiate tre persone montando il terzo piano del letto a castello.
L’istituto si articola in due sezioni identiche, ciascuna sviluppata su due piani. Le condizioni strutturali degli ambienti detentivi sono mediocri, con infiltrazioni di umidità sia nelle celle che nei corridoi. Nella seconda sezione (detta anche padiglione destro) le docce sono esterne alle celle, in violazione del Regolamento penitenziario del 2000, tuttavia si riesce a garantire almeno una doccia giornaliera e l'acqua calda, specie dopo la recente attivazione del nuovo impianto solare termico viene erogata tutto il giorno.
Il carcere di Bicocca è un penitenziario di Alta Sicurezza, che ospita quasi esclusivamente detenuti condannati o imputati per reati riconducibili all’associazione di tipo mafioso. I detenuti in regime di Alta Sicurezza sono 181, i detenuti comuni (media sicurezza) sono 7; sono presenti, inoltre, 4 collaboratori di giustizia. Con riferimento alla posizione giuridica, sono presenti 43 detenuti con condanna definitiva, 72 imputati (in attesa di primo giudizio), 56 appellanti e 21 ricorrenti; i detenuti con una posizione mista sono 82. Fra i reclusi ve ne sono anche alcuni con condanna all’ergastolo ostativo.
I detenuti stranieri sono 8; i tossicodipendenti (soprattutto da cocaina) sono 27; i casi psichiatrici accertati sono 5. Il fatto che la percentuale di detenuti stranieri risulti significativamente più bassa della media nazionale dipende dal fatto che i soggetti sottoposti al regime di alta sorveglianza sono per lo più imputati di reati di stampo associativo mafioso tra i quali gli immigrati sono un'infima minoranza, gli stranieri che passano per l'istituto sono per lo più imputati di reati di terrorismo internazionale per cui è previsto il medesimo regime carcerario dei reati di mafia.
Accanto al sovraffollamento, un’altra grave criticità è rappresentata dalla carenza di agenti di polizia penitenziaria: a fronte dei 229 agenti previsti dalla pianta organica, gli agenti assegnati all’istituto sono 201 e quelli effettivamente in servizio sono 172. Il nucleo traduzioni della casa circondariale Bicocca, competente per tutti gli istituti penitenziari della provincia di Catania, può contare su 103 agenti. Nel 2015 si è registrato un suicidio di un agente in servizio al nucleo traduzioni.
Gli educatori previsti dalla pianta organica sono 6, mentre quelli assegnati ed effettivamente in servizio sono 3.
L’assistenza psicologica ex art. 80 dell’Ordinamento penitenziario (funzione di osservazione e trattamento) è del tutto inadeguata: soltanto 12 ore mensili, appena sufficiente – a detta del direttore – al mero censimento delle patologie presenti. Nei fatti nessuna terapia è possibile oltre alla somministrazione di psicofarmaci.
Ciascun detenuto dispone di 4 ore d’aria al giorno (2 al mattino e 2 nel pomeriggio), da trascorrere nel cortile-passeggio. Chi va a scuola esce dalla cella tra le 8 e le 12 per frequentare ed usufruisce di un'ulteriore periodo d'aria tra le 15 e le 17. Data la natura di alta sorveglianza dell'istituto, non è applicata alcuna misura di “corridoi aperti” nei bracci.
Nel carcere di Bicocca sono attivi corsi scolastici di scuola elementare, media e istituto alberghiero; la percentuale dei detenuti impegnati in attività scolastiche è alta, intorno al 65%; i locali adibiti ad aule scolastiche si presentano in buone condizioni ed adeguatamente attrezzati con cucina e sala per le esercitazioni. È inoltre presente un bel teatro con un'ottantina di posti, quinte, scene ed impianto di amplificazione realizzato con un finanziamento ministeriale su progetto di un detenuto che ha ideato una particolare copertura per riutilizzare un cortile interno precedentemente inutilizzato.
Sono pochi, invece, i detenuti che lavorano: soltanto 35, tutti alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria.
All’interno delle sezioni sono presenti delle piccole palestre, alcune delle quali attualmente sono interessate da lavori di ristrutturazione effettuati grazie a personale detenuto.
Tutti i detenuti effettuano con regolarità i colloqui con i loro familiari; le sale per i colloqui sono state ristrutturate e oggi si presentano in buone condizioni e, in aderenza al dettato normativo, non presentano più il muretto divisore. Nel carcere di Bicocca, sebbene vi siano ampi spazi esterni, non è presente un’area verde attrezzata per il colloquio dei detenuti con i figli minori.
Il carcere è a tutt’oggi privo di un funzionante impianto di riscaldamento; secondo quanto riferito dal direttore, entro alcuni mesi verrà effettuata e ultimata la ristrutturazione del sistema di riscaldamento che in pratica, fin dall'apertura, a Bicocca non ha mai funzionato. Il direttore lamenta la “beffa” di un ricorso amministrativo avverso alla gara per gli impianti che ha purtroppo ritardato agli inizi di febbraio 2016 i lavori di messa con consegna prevista a marzo, quando ormai il peggio dell'inverno sarà passato. Il problema del riscaldamento è certamente il principale lamentato dai detenuti. Sebbene la visita abbia avuto luogo un giorno eccezionalmente tiepido per la stagione, tutti i detenuti erano pesantemente vestiti e possiamo testimoniare che la temperatura percepita all'interno della struttura appariva notevolmente più bassa che all'esterno della stessa. La questione “meteorologica” è molto sentita all'interno del carcere perché d'estate il problema è simmetrico con il caldo laddove il rimedio non è neanche ipotizzabile. Colpa di una struttura “vecchia” di soli trent'anni ma che fin dall'apertura dimostrava una pessima realizzazione degli isolamenti, una scarsa qualità che è stata scontata negli anni da quanti l'hanno abitata a prezzo di sofferenze e disagi.
Circa un mese fa nel penitenziario è stato installato un impianto termico con pannelli solari che assicura una costante ed efficace erogazione di acqua calda negli ambienti detentivi e consente allo stesso tempo un notevole risparmio sui costi dell’energia.
In conclusione, la sensazione che rimane al termine di questa visita, dopo aver preso atto delle risultanze delle altre visite radicali alle carceri di tutt'Italia, è che, sebbene vi sia un modesto miglioramento nelle condizioni dovuto alla riduzione del sovraffollamento (che comunque permane) ed alla buona volontà di alcuni direttori, comandanti ed educatori, nessun serio piano di riforma strutturale è al momento previsto per risolvere strutturalmente gli annosi problemi che da sempre caratterizzano il sistema penitenziario italiano. In particolare, oltre ai gravissimi problemi infrastrutturali, rimangono assolutamente insufficienti le misure volte alla formazione ed al reinserimento dei detenuti perpetrando così il ruolo delle istituzioni penitenziarie che le rende più accademie del crimine dove si consolidano tradizioni criminali tramandate letteralmente di padre in figlio. Fin quando non saranno garantite a tutti i detenuti adeguate attività formative e lavorative che impegnino proficuamente l'intera giornata, il carcere continuerà ad essere un enorme fattore di spreco di risorse soprattutto umane nonché uno dei principali responsabili del perpetuarsi delle condizioni di sottosviluppo sociale che affliggono tante nostre città.
Ribadiamo dunque che la riforma strutturale della giustizia in Italia comincia necessariamente con AMNISTIA ed INDULTO. Due misure che sole sono in grado di creare le condizioni affinché, grazie all'alleggerimento dei carichi degli uffici giudiziari ed alla deflazione penitenziaria, si possa completamente ripensare il ruolo del carcere nella società che vada concepito più come un'istituzione formativa che punitiva, dove la detenzione in cella sia applicata solo quando vi è reale necessità di mettere qualcuno in condizione di non nuocere ad altri e per il minor tempo possibile e dove invece la maggior parte del tempo viene impiegato per migliorare sé stessi e non perduto nell'ozio forzato della cella. Perché ciò sia possibile è necessario che la detenzione carceraria divenga un ipotesi residuale anche nel diritto penale e che invece la maggior parte delle delle misure penali si concreti in misure alternative al carcere anche riconducendo al diritto penale pene oggi impropriamente comminabili per via amministrativa (ritiro del passaporto, della patente, ecc.) sebbene abbiano un significativo impatto sulla libertà personale.


La Delegazione Radicale
Radicali Catania

Per info e contatti:
Luigi Recupero (segretario Ass. Radicali Catania) – 339,5779140